La disinformazione sul conflitto Israele-Hamas nella riflessione
di Emanuel Segre Amar - informazionecorretta.it - www.jerusalemonline.com
Una corretta informazione significa raccontare tutto quello che sia di interesse per il lettore, lasciando all'individuo la valutazione personale.
Una informazione non corretta è, ad esempio, quella che fa una cernita di quali notizie trasmettere, a seconda dell'impatto che queste possono avere sul lettore.
Si sceglierà così di censurare fatti che sono contrari al messaggio che si vuole trasmettere, quando addirittura non si arriverà ad inventarne al solo scopo di perseguire un ben preciso fine politico.
Primo esempio concreto è quello delle immagini che ciascuno di noi vede sul proprio quotidiano, già in prima pagina.
Queste sono accuratamente selezionate in modo da influenzare la posizione del singolo lettore.
E questo può diventare molto scorretto.
Ad esempio si sceglie spesso di far vedere, dalla parte di Israele, solo soldati con i loro sofisticati strumenti di offesa, in azioni più o meno correttamente descritte.
Ma Israele non è solo questo.
Israele è anche il paese da 8 anni sotto attacco dei missili di Hamas, ai quali ha volutamente preferito non rispondere per lungo tempo.
Israele è anche il paese dove le scuole, gli ospedali e tante altre strutture pubbliche hanno dovuto essere protette con enormi scudi di cemento armato; e anche questi, ovviamente, non sono sempre sufficienti.
Ma queste immagini, pur disponibili, non le vedremo nella prima pagina di quotidiani a grande diffusione come Repubblica e La Stampa.
Israele è il paese dove un milione di cittadini deve dormire nei rifugi, nei quali è pure abituato a rintanarsi ogni volta che risuona il lugubre allarme.
Ed Israele è anche il paese dove si contano morti, i feriti e le persone traumatizzate, che non devono però fare notizia sui nostri media.
Dall'altra parte Gaza è anche il paese dal quale si lanciano missili da 8 anni, usando rampe di lancio situate anche sopra le scuole o sui tetti di case private.
Le rampe di lancio, durante le azioni, sono ben protette con scudi umani, portati sul posto con le buone o con le cattive, a seconda dei casi, da quelli che noi vogliamo chiamare con il loro nome: terroristi.
Anche queste immagini sono disponibili per le direzioni dei giornali. Ma esse preferiscono farci vedere solo donne e bambini urlanti e spaventati, incuranti del fatto che le fotografie pubblicate siano spesso vecchie di anni, oppure create in appositi sets fotografici.
Se si considera il valore economico che tali immagini hanno per chi le ha scattate, non possiamo stupirci che si creino dei veri e propri set fotografici dove i fotoreportes sono convocati in massa per scattare quelle fotografie che poi faranno il giro del mondo.
Il guadagno è assicurato per tutti, e, intanto, l'immagine di Hamas vittima e di Israele nazista circolerà con la massima diffusione.
Siccome poi chi sceglie le fotografie non ha né è interessato ad avere una conoscenza precisa di quanto avviene sul campo, né, peggio, è interessato alla correttezza dell'informazione, ma solo a come influenzare il lettore, succedono con assoluta regolarità "incidenti del mestiere" che gli addetti ai lavori non possono non scoprire.
Cito, come esempio, l'immagine del morto che scappa scendendo dalla barella durante il suo funerale all'arrivo di un elicottero israeliano; oppure quella del piccolo Al Doura che, alla fine della sparatoria creata in un vero e proprio set cinematografico alza la testa e chiede al padre se è finita, salvo essere poi presentato a tutto il mondo come vittima delle armi israeliane; o quella del poliziotto israeliano che urla con un manganello in mano di fianco ad un povero palestinese appena colpito alla testa (dal suo manganello, vuol significare questa immagine!): salvo poi scoprire, grazie alla testimonianza del padre di questo povero ferito che no, non di palestinese si tratta, ma di un ebreo americano colpito da arabi e difeso da quel poliziotto israeliano. Ma intanto, nei quotidiani di mezzo mondo, il poliziotto israeliano è stato rappresentato come il cattivo aggressore e non come l'uomo d'ordine che compie correttamente il proprio lavoro in difesa di un
cittadino ferito.
Ancora oggi stesso sono state inviate nei circuiti internazionali le immagini di una scuola di Gaza imbottita di esplosivi comandati a distanza da fili che, per fortuna, Tsahal ha scoperto in tempo.
Non ne vedremo le immagini né la descrizione su Repubblica e La Stampa di domani. Tsahal, infatti, grazie alla sua opera è riuscita a disinnescare quella bomba preparata da Hamas in stretto contatto con una quantità di bambini. Bambini salvati da Israele, e non sacrificati da Hamas.
Così come non leggeremo né vedremo le fotografie dell'asilo di Ashdod colpito, anche questo oggi, dai missili di Hamas.
E non leggeremo che le tre ore di tregua umanitaria che Israele concede ogni giorno servono, agli uomini da Hamas, per lanciare i propri missili sui civili israeliani con la certezza di poter poi scappare senza il rischio di essere colpiti dalla reazione "sproporzionata" di Tsahal.
L'importante è che Israele passi sempre come l'aggressore, e che non si veda quel che sta subendo (quale altro stato al mondo avrebbe sopportato per così lungo tempo?).
I palestinesi, invece, devono essere SOLO E SEMPRE le povere vittime, intente a piangere i propri morti non avendo che pietre e fionde per combattere contro aerei e carri armati.
Ma questa non è informazione corretta, ma piuttosto DISINFORMAZIONE CONTINUA.
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